Confindustria: rischio PIL in calo per tutto il 2014
Recessione
L’instabilità politica spaventa la Ue e l’Ocse che avvertono: «La crisi italiana minaccia l’Europa e la sua fragile ripresa». Dati allarmanti sulla disoccupazione giunta al 12,2%, il top dal 1977; per i giovani questa percentuale sale al 40,1%, un record storico.
Confindustria fa anche una stima: se continuasse questa incertezza, il Pil nazionale avrebbe il segno meno per tutto il 2014.
l’Istat diffonde i dati allarmanti sul lavoro, «la realtà cruda del paese», come la chiama il leader Cisl Bonanni, la «conferma della stagnazione», come la definisce il ministro Giovannini.
Il Cnel aggiunge un particolare al quadro già drammatico dei giovani: uno su quattro non solo non lavora ma non studia neppure; i precari sono 3 milioni. Sono dati che farebbero soffrire qualunque paese, ancor più se si trova in una situazione politica delicata, incerta.
Confindustria basa le sue stime sul Pil negativo e centinaia di posti di lavoro persi.
Sempre su questo insistono Olli Rehn, Martin Schulz e Angel Gurria, ovvero il commissario per l’economia Ue, il presidente del Parlamento europeo ed il segretario generale dell’Ocse.
Il senso del loro messaggio, quasi un appello, è chiaro: una Italia politicamente incerta costituisce una minaccia per la ‘fragile ripresa’ dell’economia, che oltretutto sta affacciandosi solo adesso.
Questa minaccia è destinata a fuoriuscire dai confini nazionali diventando un pericolo per tutti. «Per l’intera zona euro’, puntualizza Rehn.
Schulz: ‘Non si può aprire una crisi per interessi particolari. Una caduta del governo creerebbe enormi turbolenze politiche e sui mercati finanziari’.
Gurria si preoccupa soprattutto di smantellare il gran can can sulle tasse sulla casa: l’Ocse «è sempre stato contrario all’abolizione dell’Imu». Nella sua analisi la cancellazione di questa tassa non aiuta a diminuire la pressione fiscale sui salari e gli investimenti, come invece sarebbe opportuno.
Un mini-segnale positivo in questo quadro fatto di tanti segni meno, arriva dal cosiddetto clic day, l’operazione per la raccolta delle domande di assunzione delle aziende relative agli under 30. Assunzioni con incentivi, ovviamente. Ebbene, in tre ore ne sono arrivate circa 5.500.
Riforma del Lavoro Letta 2013: tutte le novità contro la disoccupazione
La riforma del lavoro è il tema più caldo sul tavolo del governo Letta, con buona pace di quanti pensano che l’abolizione dell’Imu e la nascita della Service Tax siano la vera urgenza per l’Italia. I dati sulla disoccupazione giovanile non lasciano scampo: la politica deve agire subito e deve farlo con un piano coerente per rilanciare il sistema delle imprese e favorire le assunzioni. Il rischio non è solo economico ma anche sociale. La fuga verso l’estero non riguarda più solo i lavoratori meno specializzati ma anche (e soprattutto) quelli che hanno speso tempo e denaro per arrivare alla laurea o a un master. Cosa pensa di fare il governo per tutelarli?
Da qualche tempo il filo conduttore delle dichiarazioni del premier Letta in merito è la necessità di abbattere il costo del lavoro, che in Italia ha raggiunto livelli surreali. La flessione delle assunzioni e i contratti irregolari non sono soltanto fenomeno dovuto alla crisi economica contingente ma anche una conseguenza della assurda tassazione sul lavoro. E’ qui che il governo vuole iniziare il percorso verso un rilancio difficile ma non impossibile. Certo, i giovani non sono gli unici a subire gli effetti della disoccupazione (si vedano gli esodati) ma è da loro che bisogna iniziare perché altrimenti si rischia di perdere ulteriore terreno nel campo della competitività, senza contare il pericolo di una generazione allo sbando.
Già qualche tempo fa il ministro Enrico Giovannini aveva sponsorizzato un decreto per promuovere l’occupazione giovanile, soprattutto per la fascia d’età compresa fra i 18 e i 29 anni, in modo che i giovani possano accedere a delle opportunità importanti per la formazione e per l’impiego. In realtà le polemiche non mancano, e molti sottolineano come le restrizioni agli sgravi fiscali limitino molto il campo d’azione della riforma, ma il presidente del Consiglio Letta ha parlato comunque di “un intervento significativo, coperto in parte con fondi nazionali e in parte con fondi europei“. Il decreto sull’occupazione dovrebbe portare all’assunzione di 200 mila giovani nei prossimi 18 mesi, con agevolazioni soprattutto per le imprese del Sud. Sarà davvero un “colpo duro alla piaga della disoccupazione giovanile“?.
L’esecutivo già da tempo stava pensando di agire sia sugli sgravi fiscali a favore delle imprese che assumono con contratti a lunga durata, sia nel senso di una revisione della riforma Fornero inadatta, a quanto pare, a dare risposte alle necessità del Paese. Le novità più importanti dovevano riguardare, comunque, la disoccupazione giovanile, visti anche i dati in merito sempre più allarmanti, con gli economisti pronti a sottolineare come il problema, più che di natura economica, sia diventato ormai una questione politica e sociale. Perché, se nella società italiana la precarizzazione ormai riguarda trasversalmente anche la generazione dei quarantenni, sono comunque i giovani tra i 20 e i 24 anni i veri disoccupati che si trovano le porte chiuse al monde del lavoro.
Il governo Letta si era presentato con una road map piuttosto ambiziosa: 100 mila giovani disoccupati in meno come priorità assoluta da ottenere nel minor tempo possibile. Se le aziende non assumono (anzi, licenziano) e le forze lavoro fresche e creative si ritrovano in mezzo a una strada, Letta e i suoi puntano sugli sgravi fiscali, sulla staffetta generazionale e sulla revisione dell’attuale legislazione sul lavoro. Prima di entrare nel merito delle proposte, facciamo parlare i numeri: allo stato attuale, il 38.4% dei giovani attivi (ovvero alla ricerca di un lavoro e quindi non inoccupati) in Italia è senza lavoro, una percentuale record che fotografa in pieno la fase di recessione in cui ci troviamo.
Sblocca debiti
E’ stato creato un fondo apposito per i pagamenti da parte degli enti locali dei crediti. Secondo le stime, nei primi mesi del 2014 si dovrebbero sbloccare 20-25 miliardi. Dal punto di vista fiscale arriva una maxi tassa sulle sigarette elettroniche e uno stop per la pubblicità per le sigarette comuni, in modo da rispettare la tutela della salute dei non fumatori.
Neet e auto impiego
Arrivano delle misure anche per i giovani che vivono al Sud e sono senza lavoro. In particolare si è pensato ai giovani che non sono coinvolti in attività di formazione. Sono stati stanziati 168 milioni di euro per borse di tirocinio formativo. Si prevede un coinvolgimento di 80.000 ragazzi. Sono previsti anche 80 milioni di euro per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità. Si è deciso anche di stanziare ulteriori 80 milioni per valorizzare i beni pubblici, facendo riferimento soprattutto ai beni confiscati alla criminalità organizzata, e per l’inclusione sociale destinata ai giovani. Promozione anche del programma comunitario Youth garantee, con particolare attenzione dei centri per l’impiego.
Sgravi fiscali
Entriamo nel dettaglio di quanto stabilito, partendo dai 794 milioni di euro di incentivi previsti dal governo in via sperimentale per favorire l’assunzione stabile di giovani tra i 18 ed i 29 anni. Viene confermato il tetto di 650 euro al mese per lavoratore e gli sgravi saranno di 18 mesi per le nuove assunzioni e di 12 per le aziende che trasformano i contratti da determinato a indeterminato. Le regole per usufruire degli sgravi, comunque, sono molto restrittive: si deve trattare di giovani privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi e di un diploma di scuola media superiore o professionale, che vivano soli con una o più persone a carico. Non solo giovani comunque, perché sono programmate anche agevolazioni per chi ha superato i 50 anni di età e per i disoccupati da oltre dodici mesi.
Le risorse andranno per lo più alle regioni del Sud per rilanciare un Mezzogiorno piegato dalla crisi economica. Si tratta comunque solo di un primo passo “in attesa dell’adozione di ulteriori misure da realizzare anche attraverso il ricorso alle risorse della nuova programmazione comunitaria 2014-2020“. Si tratta comunque già di cifre importanti, visti i 500 milioni (dei 794 messi a disposizione per i giovani) che al Sud così suddivisi: 100 milioni per il 2013, 150 per il 2014, 150 per il 2015 e 100 per il 2016. Ha preso corpo la promessa di 100mila nuove assunzioni in breve tempo, come precisato dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini: “Il pacchetto coinvolgerà circa 200mila persone, 100mila saranno quelle che potranno beneficiare degli sgravi contributivi mentre altre 100mila sono coinvolte nelle altre misure di inclusione“.
Quella degli sgravi fiscali per le aziende che assumono è una richiesta che da anni Confindustria porta avanti con scarso successo. Le prime risorse necessarie per implementare il piano (ovvero circa un miliardo e mezzo di euro) dovrebbero arrivare da una riprogrammazione di parte dei fondi comunitari a disposizione dell’Italia (30 miliardi ancora da spendere entro il 2015), anche se lo spostamento di soldi europei da un settore all’altro prevede l’approvazione dell’UE. Per il resto, come detto, si farà richiesta alla Commissione di anticipare i fondi del programma europea Youth Guarantee dal 2014 al 2013, che porterebbe un tesoretto per l’Italia di 400 milioni da investire nella revisione delle norme sul lavoro.
Le imprese hanno la possibilità di assumere un disoccupato Aspi e in tal caso riceveranno un bonus mensile del 50% sul residuo Aspi non più percepito dal lavoratore. Si dovrà esprimere anche la conferenza Stato-Regioni, per semplificare il contratto di apprendistato; in questo senso non ci saranno più limiti temporali e le novità saranno estese a tutte le imprese, non limitandosi soltanto a microaziende e PMI.
Revisione dei contratti
Tra gli interventi meno costosi, almeno sul breve termine, figurano anche le correzioni ai contratti a termine come configurati dalla precedente riforma Fornero. I contratti a termine sono oggi la strada più utilizzata per inserire i giovani nel mercato del lavoro (più del 70% del totale). In particolare, il nodo da sciogliere riguardava l’intervallo temporale tra un rinnovo e un altro del contratto a tempo determinato, allungato per volontà della Fornero. La legge stabiliva che, per il rinnovo del contratto con una durata fino a sei mesi, dovessero passare due mesi anziché dieci giorni come prima, mentre per i contratti con una durata superiore tre mesi anziché venti giorni.
Questo serviva a incentivare l’apprendistato, ma i risultati sono stati del tutto opposti, così oggi il governo compie un passo indietro per superare il fatto che tra un contratto e l’altro ci sia una pausa così lunga: 10 giorni per contratti fino a sei mesi, 20 giorni per i contratti di durata superiore. Per quanto riguarda il lavoro intermittente, è stato confermato il limite di 400 giorni in 3 anni, con riferimento allo stesso datore di lavoro. Sono state introdotte delle norme per stabilizzare i soci lavoratori in partecipazione. E’ stato previsto di estendere delle tutele contro le dimissioni in bianco ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa; saranno dati inoltre degli incentivi fino al 2016 alle startup innovative.
Staffetta generazionale
Un aiuto importante potrà arrivare dall’Unione Europea, visto che il problema della generazione senza lavoro (parliamo soprattutto degli under-24) riguarda non solo l’Italia ma tutta, o quasi, l’area euro. Fare affidamento solo su eventuali fondi comunitari, però, equivale a condannare ogni sforzo all’insuccesso; le risorse per finanziare la riforma vanno trovati all’interno, tagliando gli sprechi e rivedendo le regole del gioco. E’ proprio qui che si dovrà focalizzare l’attenzione il ministero del lavoro, magari prendendo spunto da esperienze dei nostri ‘cugini’. E’ il caso, ad esempio, della staffetta generazionale, un progetto interessanti ma dai costi tutt’altro che irrilevanti. Si tratta di una vera e propria staffetta tra un lavoratore senior e uno giovane, secondo cui il primo accetta una riduzione del proprio orario di lavoro fino al pensionamento consentendo all’azienda di assumere un giovane con un contratto part-time, il quale poi verrà integrato nella posizione vacante dopo il pensionamento.
Un sistema interessante, ma che prevede due problemi: innanzitutto sostenere i costi aiutando le aziende con fondi statali, visto che si troverebbero a gestire due lavoratori dal punto di vista previdenziale (il senior vedrebbe decurtato lo stipendio ma non i contributi per non impoverire la sua pensione); in secondo luogo convincere i lavoratori più anziani ad accettare un taglio di orario e stipendio senza dargli nulla in cambio (se non la stessa pensione che comunque avrebbero preso lavorando full-time). La solidarietà tra senior e giovani non può essere la sola molla che muove il meccanismo, altrimenti il fallimento è inevitabile.
Il costo del lavoro
Secondo la stima dell’Ocse, che ha preso in considerazione le imprese con più di dieci dipendenti, per quanto riguarda il costo del lavoro in Italia e in Europa si va da un massimo di quasi 45 euro all’ora in Norvegia, extra Ue, a un minimo di 3,50 in Bulgaria. Viene calcolato dividendo le spese del datore di lavoro per il numero delle ore lavorate da ogni dipendente. I costi di lavoro sono costitutiti dai pagamenti per i salari e gli stipendi, più i costi non salariali come i contributi sociali a carico del datore di lavoro. Non vengono inclusi invece i costi per la formazione professionale o altre spese.
Silvia Morini
Uil Frosinone
(*Fonti:
http://economia.nanopress.it
http://www.repubblica.it)