BokoHaram

Le donne non sono fatte per studiare secondo Aboubakar Shekau, leader del movimento jihaidista dal 2009, ma per servire e riverire l’uomo, loro marito e padrone legale. Nel primo video diffuso al riguardo da Boko Haram, Shekau dice chiaramente che le ragazze saranno vendute e inizieranno la loro onorabile vita da serve.

Cos’ è Boko Haram? Da chi è composta?

Jama’atu Ahlul Sunna Lidda’awati Wal Djihad, la comunità dei discepoli della tradizione dell’Islam per la diffusione della guerra santa, e Boko Haram sono la stessa cosa, ma pochi lo sanno. Il secondo nome è stato dato alla comunità dagli abitanti di lingua haoussa del Nord-Est della Nigeria e significa letteralmente “L’educazione occidentale è un peccato: da “book”, in Inglese libro e “haram” che in arabo significa proibito.

Si può dire dunque che il rapimento delle 276 ragazze di un liceo di Chibok, lo scorso 14 aprile 2014, il giorno degli esami di fine anno, sia come la concretizzazione di uno degli obiettivi fondanti di Boko Haram.  Tra il 14 e il 15 aprile, nel dormitorio di una scuola in Nigeria, uomini armati di kalashnikov, torce e una fede fanatica, hanno caricato la studentesse sui camion in mezzo al bestiame razziato nei campi e portate nella foresta di Sambisa, dove sono ancora prigioniere.

La situazione politico sociale è drammatica: l’opinione pubblica nigeriana sembra essersi arresa di fronte all’evidenza di un fenomeno terribile che diventa sempre più pervasivo: i bambini vanno a scuola e non tornano più. Gli attacchi di Boko Haram contro gli istituti scolastici si sono di molto intensificati negli ultimi mesi e hanno causato troppe vittime innocenti. Mentre dal punto di vista istituzionale, vi è impossibilità, da parte del governo nigeriano di Jonathan Goodluck, di gestire l’escalation di violenze e guerriglia provocata dai seguaci di Boko Haram.

È stato un avvocato nigeriano, Ibrahim M. Abdullahi, a lanciare il primo tweet #bringbackourgirls, il 23 aprile scorso. La questione è diventata in breve tempo di importanza mondiale. Malala Yousafzai, Hillary Clinton, Michelle Obama e altri personaggi dello stardom statunitense ma non solo, hanno, tramite Twitter e altri social network, reso questa vicenda un dramma umano, sul quale tutti gli utenti del web, chi più chi meno consapevolmente, si sono interrogati.

Da parte dell’ Unione Europea nient’altro che parole. Nel comunicato stampa del Consiglio Affari Esteri di lunedì 12 maggio, si legge che il Consiglio ha espresso la sua “[…] condanna nei confronti delle uccisioni indiscriminate e del rapimento di più di 200 studentesse per mano di Boko Haram […]“. Ha anche affermato che “[…] l’Unione e gli Stati membri supportano la Nigeria affinché ponga termine a questo crimine abominevole, protegga i suoi cittadini e sconfigga il terrorismo in ogni sua forma […] mentre l’Unione approva l’intenzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di prendere provvedimenti contro Boko Haram”.

Regno Unito e Francia (insieme agli Stati Uniti) si sono già mobilitati per offrire aiuto e supporto allo Stato nigeriano che però, fino alla settimana scorsa, secondo Le Monde, ha sempre risposto in modo interlocutorio. L’ONU ha contemporaneamente dato vita al progetto Safe School, Scuola Sicura. Il progetto, presentato dall’ex Primo Ministro inglese Gordon Brown il 7 maggio 2014, inviato speciale delle Nazioni Unite per l’Istruzione, prevede il controllo degli istituti scolastici da parte di guardie di sicurezza e lo stanziamento di 7 milioni.

Intanto, potere alla mano, Boko Haram propone soluzioni, o , per meglio dire, detta condizioni: il 12 maggio infatti, il governo nigeriano ha ricevuto un’offerta da parte dei vertici di Boko Haram tramite un video che mostra una parte delle ragazze, circa 130, vestite con l’hijab, in un luogo non identificato. Le ragazze, quelle che non sono riuscite a fuggire durante il rapimento, si sono “spontaneamente” convertite all’Islam spiega nel video Aboubakar Shekau. Lo stesso Shekau chiede poi la liberazione dei componenti detenuti del movimento in cambio del rilascio delle ragazze. Il ministro dell’Interno Abba Moro ha rifiutato categoricamente: “Boko Haram non può dettare condizioni”.

Risvegliarsi dal letargo diffuso in tutti gli Stati e cercare una soluzione effettiva al problema, diventa quindi necessario, sperando che come tutti i cittadini degni di far parte di una società civile, anche le Istituzioni prendano posizione, non solo a parole.

Acta non verba. Fatti non parole.

Silvia Morini

(*Fonti:
http://www.rivistaeuropae.eu
http://minoristranierinonaccompagnati.blogspot.it)