ammortizzatori12/06/2015 | Riforme.  

Sia  sugli aspetti legati agli ammortizzatori sociali che rispetto alle nuove tipologie contrattuali e, soprattutto, sul demansionamento, resta un’impostazione che sposta il baricentro degli interventi verso l’azienda. In sostanza, si ritiene che la crescita economica e occupazionale passi, in gran parte, dall’unilaterale decisione dell’impresa.
In questo quadro va letto  il decreto di riordino della cassa integrazione che, pur con l’apprezzabile estensione (ancora parziale) alle piccole imprese indebolisce il sistema di tutele del lavoratore.
Si riduce, infatti, la durata massima della cig e si cancella la cassa straordinaria per cessazione. Ciò  si aggiunge a due aspetti che sono già “realtà”: la fine della Cassa e della mobilità in deroga nel 2016 (peraltro già fortemente ridimensionata!) e la fine dell’indennità di mobilità dal Primo gennaio 2017. In particolare quest’ultima prestazione comporterà un’ulteriore riduzione dei costi aziendali (0,30%) che si aggiungeranno agli “sconti” che il Governo prevede con la riduzione delle aliquote sulla Cig (circa 0,20%) per un totale di oltre 800 milioni di euro.
Risultato: meno prestazioni sociali, nonostante l’aumento della durata della naspi (per alcuni lavoratori).
Pur apprezzando  in parte l’intervento per risolvere la questione Naspi ai lavoratori stagionali del turismo, che sana parzialmente e temporaneamente  (vale solo per il 2015) un’ingiustizia e un errore che il Governo aveva fatto con il precedente decreto Naspi di Febbraio, non si capisce perché escludere da questo “rimedio”  altre decine di migliaia di lavoratori stagionali che operano in altri settori: oltre 300.000 lavoratori stagionali, dal 2016, avranno meno tutele di prima della riforma Renzi.
Sul decreto “Tipologie contrattuali” l’impostazione di spostare il baricentro decisionale verso l’impresa  non cambia: la flessibilità in entrata (oltre quella in uscita) diventa sempre più svincolata e deregolamentata. Nonostante le roboanti affermazioni sul superamento della  precarietà, in sostanza ci troviamo con un contratto a termine sempre più facile e senza condizionamento (motivazione) – stessa cosa per la somministrazione – e con un’evidente  incentivazione al ricorso dei  voucher.
In particolare colpisce come, nei fatti, le ”collaborazioni”  non vengano immediatamente eliminate non solo per eventuali accordi sindacali, ma per la sostanziale riduzione dei “paletti” che definiscono la genuinità della stessa  collaborazione. Sarà sempre più complicato dimostrare, da parte del lavoratore, la non genuinità della collaborazione stessa. La stessa sanatoria/stabilizzazione per le collaborazioni e per le partite Iva sarà, inevitabilmente, condizionata, in positivo, dalla certezza del  permanere dei forti incentivi (DECONTRIBUZIONE).
Gravissimo, invece, aver introdotto la  legalizzazione del  demansionamento, poiché non si limita l’eventuale utilizzo di questa possibilità laddove ci siano accordi per riorganizzare la forza lavoro nell’impresa (con le garanzie previste dal codice civile) ma si consentirà, tramite accordi individuali, un demansionamento con effetti sulla categoria, l’inquadramento e la retribuzione.
Sulle politiche attive la montagna ha partorito un topolino: l’origine di questo sta nell’idea di  costruire  un nuovo (e necessario) sistema di incontro domanda e offerta senza alcun investimento per recuperare il gap con altri paesi (spesa sul Pil il 10 % della Germania). La mancata definizione dei ruoli che dovranno svolgere  le Regioni e la nuova Agenzia Nazionale rischia di non dare certezze dal  punto di vista normativo, finanziario e strumentale  mettendo addirittura a rischio gli stipendi degli operatori dei Servizi per l’impiego.

Uil Frosinone

(*Fonti:

www.uil.it)