Delitti di atti persecutori:
Stalking

stalking

 Con il termine inglese stalking (derivante da “to stalk”) si è soliti indicare una serie di atteggiamenti – comportamenti (c.d. atti persecutori) tenuti da un soggetto (chiamato appunto stalker) nei confronti di un altro soggetto – vittima, mediante persecuzione e al fine di ingenerare nello stesso paura ed ansia, compromettendo, in tal modo, il normale svolgimento della vita quotidiana.

Tali comportamenti costituiscono una condotta penalmente rilevante (art. 612 bis c.p.).

Come difendersi penalmente

1. Quadro normativo di riferimento

Nel 2008 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge recante “Misure contro gli atti persecutori”.

Successivamente, è stato approvato il decreto legge del 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori) con cui è stato istituito il reato di stalking (atti persecutori), mediante l’inserimento dell’articolo 612 bis del codice penale.

Tale decreto legge è stato, poi, convertito, con modificazioni, nella legge del 23 aprile 2009, n. 38.

Nel titolo XII – delitti contro la persona – del codice penale, nella sezione III – dei delitti contro la libertà morale – è dunque stato introdotto l’articolo 612 bis il quale prevede che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni“.

Secondo la sentenza della Corte di Appello di Milano, sez. V penale, del 14 dicembre 2011, depositata in data 13 gennaio 2012, il delitto di atti persecutori (o stalking), previsto dall’art. 612 bis c. p., deve essere qualificato come fattispecie causale, caratterizzata da condotte alternative e da eventi disomogenei, ciascuno dei quali idoneo ad integrarla, i quali devono essere oggetto di rigoroso e puntuale accertamento da parte del giudice.

In particolare, l’evento consistente nel “fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona […] legata [all’agente] da relazione affettiva” dovrà essere desunto da una ponderata valutazione della gravità delle condotte e della loro idoneità a rappresentare una minaccia credibile di un pericolo incombente; mentre l’evento alternativo consistente nel “grave stato di ansia o di paura” andrà identificato in una condizione emotiva spiacevole, accompagnata da un senso di oppressione e da una notevole diminuzione dei poteri di controllo volontario e razionale, che deve essere grave e non passeggera e potrà assumere rilevanza penale anche se non si traduce in precise sindromi canonizzate dalla scienza medico-psicologica.

Il reato di stalking infatti è caratterizzato da una condotta tipica costituita dalla reiterazione delle minacce o delle molestie posta in essere dallo stalker.

Il legislatore ha voluto tutelare il bene giuridico della incolumità individuale nella ipotesi in cui tali minacce provochino la messa in pericolo della integrità psico – fisica del soggetto offeso.

Non è necessario che si verifichi un danno alla salute sotto il profilo del danno biologico, bensì è sufficiente che si verifichi una alterazione del normale equilibrio psichico – fisico della persona offesa anche senza sfociare in una vera e propria patologia conclamata.

2. L’elemento oggettivo

La norma incrimina la condotta di chi “minaccia o molesta taluno con condotte reiterate”; pertanto per espressa previsione normativa la reiterazione delle condotte poste in essere dallo stalker costituisce un requisito essenziale della fattispecie in oggetto.

Un consolidato orientamento giurisprudenziale, in linea generale, è quello secondo cui nei reati abituali, la reiterazione non coincide con la mera ripetizione della condotta.

L’abitualità, infatti, secondo tale orientamento, non è un dato puramente ‘quantitativo’, ma è un nesso che lega le diverse condotte esprimendo un disvalore ulteriore rispetto a quello espresso dalle singole condotte.

In relazione al delitto di maltrattamenti in famiglia (altro reato abituale), ad esempio, la Cassazione ha statuito che è necessario che l’interprete accerti, nel caso di specie, se i singoli atti hanno tratto origine da situazioni contingenti e particolari, ovvero se rientrano in una cornice unitaria, se sono cioè collegati, sul piano oggettivo, da un nesso di abitualità e, sul piano soggettivo, da un’unica intenzione criminosa (Cass. Pen., sez. VI, sentenza 27.5.2003, C., in Cass. pen., 2005, 862; Cass. Pen., sez. VI, sentenza 12.4.2006, C., in Guida al dir., 2006, 38, p. 77 ss.). Per quanto concerne specificamente la giurisprudenza in tema di atti persecutori, vi è un orientamento secondo cui si è optato per una interpretazione più che altro quantitativa del requisito.

3. L’elemento soggettivo

Per quanto concerne il dolo, esso è generico, consistente nella volontà e coscienza di porre in essere (attuare volontariamente) ogni singolo atto e la condotta risultante dall’insieme di tutti i comportamenti.

Ciò significa, in pratica, volontà di sottoporre abitualmente la vittima ad una condotta offensiva.

Non occorre un particolare animus e nemmeno che entri nell’orizzonte di volizione del soggetto agente uno degli eventi descritti dalla norma, come, ad esempio, il grave e perdurante stato di ansia, oppure il cambiamento delle abitudini della vita quotidiana.

4. Le tipologie di “stalker”

Gli “attori principali” del reato di stalking sono:

– il persecutore o molestatore assillante;

– la vittima.

Si stabilisce tra questi due soggetti una “forzata” relazione.

Il soggetto agente, ovvero lo stalker, o molestatore assillante è colui che mette in atto quell’insieme di condotte (atti persecutori) consistenti, a mero titolo esemplificativo, nel seguire la vittima, appostarsi nei luoghi frequentati dalla stessa, ecc.

Per lo stalker la vittima non è più un soggetto ma un “oggetto” su cui rivestire la propria attenzione.

“Studiando” i vari profili psicologici si sono individuate 5 differenti tipologie di stalker, ovvero:

risentito: è una tipologia di stalker presente nella letteratura che spesso è un ex partner che vuole “vendicarsi” dopo la fine del rapporto con la “vittima”; spinto da risentimento per la relazione finita male il “risentito” ha quale scopo quello di ledere sia l’immagine della persona mediante, ad esempio, la pubblicazione (anche su web) di immagini osé, foto, ecc. facendo, magari, circolare le stesse nell’ambiente di lavoro della vittima, sia la persona stessa (magari aspettandola fuori casa) e sia mediante il danneggiamento di cose di sua proprietà (ad esempio rigandole la macchina);

bisognoso di affetto: questo stalker agisce, normalmente, nell’ambito dei rapporti professionali stretti, come ad esempio quello tra il medico e il paziente. In tali ipotesi lo stalker “fraintende” ciò che la vittima offre quale aiuto come un segno di un interesse particolare nei propri confronti;

corteggiatore incompetente: lo stalker manifesta una condotta basata su di una scarsa abilità relazionale; tutto ciò viene tradotto in alcuni comportamenti opprimenti ed invadenti; gli atti persecutori di questo stalker sono, solitamente, di breve durata;

respinto: è lo stalker ex partner che manifesta comportamenti e atteggiamenti persecutori in relazione ad un rifiuto della vittima;

predatore: è quello stalker che ha quale scopo quello di avere rapporti sessuali con la vittima, pedinata, inseguita e spaventata. Proprio questo stato di ansia e paura della vittima ingenera nello stalker uno stato di eccitazione in quanto prova un senso di potere, pianificando la caccia alla preda.

Per quanto concerne gli atti persecutori vi è da dire che essi rappresentano “un complesso fenomeno relazionale” articolato in una moltitudine di dettagli.

Un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati nel tempo che inducono nella vittima un disagio psichico e fisico nonché un ragionevole senso di timore.

La fattispecie prevista e punita dall’art. 612 bis c.p. è integrata, infatti, dal fatto di chi, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona allo stesso legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

5. La procedibilità

Il reato previsto dall’art. 612 bis del codice penale viene punito a querela della persona offesa, con termine per la proposizione della querela di 6 mesi.

Può, tuttavia, procedersi d’ufficio, quando il fatto viene commesso nei confronti di un minore di età oppure di una persona con disabilità (L. n. 104/1992) nonché quando il fatto viene connesso con altro delitto per cui debba procedersi d’ufficio.

E’, altresì, procedibile d’ufficio quando il soggetto sia stato ammonito ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 8 del D.L. n. 11/2009, convertito in L. n. 38/2009, secondo cui fino a quando non viene proposta querela per il reato di stalking la persona offesa ha facoltà di esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza, avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta.

La richiesta avanzata viene, quindi, trasmessa, senza ritardo, al questore, il quale, assunte, ove necessario, le informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, nel caso in cui ritenga l’istanza fondata, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento.

Lo invita, quindi, a tenere una condotta conforme alla legge e redige, di ciò, processo verbale; copia di tale verbale viene rilasciata al richiedente l’ammonimento nonché al soggetto ammonito.

Per quanto concerne la decorrenza del termine per la proposizione della querela, trattandosi di reato abituale, nel quale non coincidono momento di consumazione e di perfezione del reato, il termine non scadrà prima di sei mesi dopo l’ultimo della serie di atti che integrano la condotta (stessa cosa vale per la prescrizione).

Attuazione
Rassegna giurisprudenziale

Dall’entrata in vigore della disciplina concernente il reato di stalking, numerose sono state le pronunce che si sono occupate di tale questione; meritano, quindi, particolare attenzione alcune interessanti decisioni.

Ad esempio, la Suprema Corte di Cassazione, con la decisione del 9 maggio 2012, n. 24135, ha precisato che in tema di atti persecutori, la prova dello stato d’ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato può essere dedotta anche dalla natura dei comportamenti tenuti dall’agente, qualora questi siano idonei a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante.

Sempre la Corte, nel 2011 (sentenza n. 8832 del 7 marzo) ha evidenziato che è configurabile il delitto di stalking di cui all’art. 612 bis quando il comportamento minaccioso o molesto di taluno, posto in essere con condotte reiterate, abbia cagionato un grave e perdurante stato di turbamento emotivo, essendo sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità, dell’equilìbrio psicologico della vittima. (Tale evento destabilizzante è stato ritenuto sussistente dalla Corte in una fattispecie relativa a ripetuti atti di danneggiamento non rivolti contro l’incolumità fisica della vittima, bensì verso beni di proprietà della medesima).

Ancora nel 2011, con la sentenza del 26 luglio, n. 29762, i giudici di legittimità hanno stabilito che il delitto di atti persecutori cosiddetto “stalking” (art. 612 bis c.p.) è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo; pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità.

Ancora la Corte di Cassazione, sezione V penale, con la decisione del 15 maggio 2013, n. 20993 ha evidenziato che al fine di configurare il reato di cui all’articolo 612 bis non occorre una rappresentazione anticipata del risultato finale, bensì la costante consapevolezza, nello sviluppo progressivo della situazione, dei precedenti attacchi e dell’apporto che ognuno di essi arreca all’interesse protetto, insita nella perdurante aggressione da parte del ricorrente della sfera privata della persona offesa.

Trattandosi di reato abituale di evento, è sufficiente alla integrazione dell’elemento soggettivo il dolo generico, ovvero la volontà di porre in essere le condotte di minaccia o di molestia, con la consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli elementi degli eventi alternativamente necessari per l’integrazione della fattispecie legale, che risultano dimostrate proprio dalle modalità ripetute ed ossessive della condotta persecutoria compiuta dallo stalker e delle conseguenze che ne sono derivate sullo stile di vita della persona offesa.

Silvia Morini
UIL Frosinone

(*Fonti:
http://www.altalex.com
Avvocato Manuela Rinaldi)