L’Osservatorio crimini perpetrati sulle donne e Guida Carcere stanno conducendo una ricerca sui casi di mobbing denunziati da donne in Italia. Dalle prime indagini emerge che le donne vittime di mobbing sono quelle più professionalmente preparate e con facoltà intellettive superiori alla norma. Ciò rassicurerà i mediocri ai quali ci rivolgiamo,dicendo: “nessuno se la prenderà con voi, continuate a lavorare tranquillamente”. Le vittime, da quanto è emerso anche da altre ricerche condotte all’estero non sono fragili emotivamente, al contrario di ciò che si può immaginare sono donne dalla personalità marcata e dal carattere solido che si va però sgretolando a seguito di pressanti angherie.
Ma che cos’è il Mobbing?
Letteralmente il verbo “to mob” in inglese significa “attaccare”.
Il magistrato Pierguido Soprani spiega:
“Si verifica una situazione di mobbing quando un individuo è oggetto ripetuto di soprusi in ambito lavorativo o professionale, da parte di superiori o colleghi ed in particolare quando vengono poste in essere pratiche dirette ad isolarlo dall’ambiente di lavoro od ad espellerlo con la conseguenza di intaccare gravemente l’equilibro psichico dello stesso, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in se stesso e provocando catastrofe emotiva, depressione e talvolta persino suicidio. La responsabilità del datore di lavoro deriva dall’Art. 2087 c.c. che impone di adottare le misure necessarie e tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.”
Il Mobbing è definito stress da persecuzione psicologica o terrorismo psicologico in ambito lavorativo.
Vi sono casi in cui il “Mobber”(“aggressore”) esercita queste azioni di “mobbing” poiché vede nel proprio collega o subordinato un possibile ostacolo nell’accrescimento o ampliamento della propria carriera. In tal caso il “Mobbizzato”, ossia la vittima di tale persecuzione psicologica, è portato inevitabilmente a mettersi da parte, sminuendo se stesso e le proprie capacità lavorative, poiché “avvilito” e “rattristato” per quanto gli sta accadendo, rinunciando ad una collaborazione positiva con l’azienda e quindi lasciando via libera al “mobber”. Questo porta a conseguenze rilevanti non solo in ambito lavorativo, ma anche al di fuori dello stesso, in ambito sociale e relazionale.
Una ricerca condotta nei paesi scandinavi rileva che gran parte delle azioni di mobbing consistono in:
- Calunniare o diffamare una persona lavoratrice oppure la sua famiglia;
- Negare deliberatamente informazioni relative al lavoro oppure fornire informazioni non corrette a riguardo;
- Sabotare o impedire in maniera deliberata l’esecuzione del lavoro;
- Escludere in modo offensivo la persona lavoratrice, oppure boicottarla o disprezzarla;
- Esercitare minacce, intimorire o avvilire la persona, come nel caso di molestie sessuali;
- Insultare, fare critiche esagerate o assumere atteggiamenti o reazioni ostili in modo deliberato;
- Controllare l’operato della persona a sua insaputa e con l’intento di danneggiarla;
- Applicare sanzioni penali amministrative ad una singola persona lavoratrice senza motivo apparente, senza dare spiegazioni, senza tentare di risolvere insieme alla persona interessata i paventati problemi.
Silvia Morini
Coordinamento Pari Opportunità Uiltemp di Frosinone